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mercoledì, ottobre 12, 2011

Intervista a George Martin

Ringrazio Lord Beric per la traduzione pubblicata su la Barriera, l'intervista che segue è stata pubblicata in lingua originale da www.maximumfun.org





Prima di tutti, George R. R. Martin, congratulazioni per tutti i tuoi recenti successi con la serie TV e con il nuovo libro, A DANCE WITH DRAGONS, per averlo finito, fatto uscire e per aver raggiunto il numero uno nelle classifiche e tutto il resto.
Grazie davvero. È stato un anno emozionante.

Immagino. Torniamo un po' indietro. Vorrei parlare di qualcosa di molto tempo fa nel tuo lavoro. Alla fine di agosto apparì una lettera ripresa poi in ogni dove in internet; una lettera che hai scritto sulle colonne del libro a fumetti "The Avengers" nel 1964.
[risate] Sì, vero!

Credo che tu avessi circa sedici anni, all'epoca. In quella particolare lettera, avevi suggerito il numero nove di "The Avengers" fosse un po' meglio del numero trentadue di "Fantastic Four". La mia domanda è: ricordi perché?
Puoi commentare quella particolare storia, ricordo che "The Avenger" #9 era l'introduzione di Wonder Man.
Oh, sì, mi piaceva Wonder Man! Sai perché? Ora mi ricordo bene. Wonder Man muore in quella storia. È un personaggio nuovo, viene introdotto, e muore. Spezza veramente il cuore. Mi piaceva il personaggio; era un personaggio tragico, condannato. Penso di aver avuto un debole per i personaggi tragici e colpiti dal fato da quando ero un ragazzino della high school.

Specialmente quelli che potrebbero morire in ogni momento.
Naturalmente, essendo un fumetto, Wonder Men non rimase morto a lungo. Tornò un anno o due dopo ed ebbe una vita lunga molti decenni. Il fatto che fosse presentato, si unisse agli Avengers e morisse nella stessa uscita ha avuto un grande impatto su di me quando ero un ragazzo alla high school.

Immagino fosse abbastanza sorprendente in un comic book dell'epoca vedere un intero arco narrativo risolversi tragicamente in quel modo in un'unica uscita.
Sì. È difficile da capire, credo, dal punto di vista avvantaggiato del 2011 come andassero le cose nei fumetti nei primi anni '60. Era la Marvel a cui scrivevo le mie lettere, che erano davvero rivoluzionarie per l'epoca. Stan Lee stava facendo alcuni lavori fantastici. Fino ad allora i fumetti dominanti erano stati quelli della DC che, al tempo, erano sempre molto circolari. Superman o Batman avevano un'avventura, e allaa fine dell'avventura si ritrovavano esattamente al punto di partena. E poi l'uscita dopo aveva lo stesso percordo, quindi non cambiava davvero nulla nei personaggi della DC.
I personaggi della Marvel erano in costante cambiamento. Avvenivano cose importante. La composizione degli Avengers cambiava continuamente. Alcuni se ne andavano, avevano scontri e via dicendo. Al contrario della DC dove tutto filava liscio ed era tutto molto carino e tutti gli eroi si piacevano vicenda. Non accadeva nulla di questo, quindi veramente, Stan Lee introdusse un nuovo livello di caratterizzazione ai fumetti; forse anche un tocco di grigio in alcuni personaggi. Guardandoci indietro adesso, posso dire che probabilmente hanno avuto un'influenza sul mio lavoro maggiore di quanto io possa aver sognato.

Presumo a questo punto che quando hai inviato quella lettera avevi già in mente di voler fare lo scrittore.
Beh, una volta abbandonata l'idea di fare l'astronauta. Ad un certo livello pensi davvero di volare su altri pianeti, e poi pensi, "beh, magari non volerò sugli altri pianeti." Pensavo che avrei potuto semplicemente scrivere di altri pianeti e altre cività. Penso che sia nella high school quando ho veramente capito di voler provare a scrivere storie per vivere; inoltre, scrivevo storie già da un decennio. Persino quando ero nella grade school scrivevo brevi storie di mostri e le vendevo agli altri bambini per un nichelino, che mi avrebbe comprato un dolcetto al bar a quel tempo.

Questo è avvenuto a Bayonne, nel New Jersey?
A Bayonne, nel New Jersey, sì.

Di quale bar di dolcetti stiamo parlando?
Milky Way. Sono un tipo da Mily Way.

Sicuro.
Forse è stato per il nome fantascientifico del bar.

Hai sempre guardato le stelle.
Questo è vero.

È nelle colonne di quelle lettere in cui buona parte di quella che ora chiamamo fandom dei mondi dei fumetti, della fantascienza e del fantasy si incontrava, molto prima che ci fosse internet, ecco da dove viene quel senso di community.
A dire il vero è iniziato molto prima della mia nascita. Il fandom della fantascienza crebbe sulle colonne di "Amazing Stories" e "Astounding" già dagli anni '30. Quando stampavano una lettera in quei giorni, riportavano l'intero indirizzo. Quindi i fan di storie di fantascienza del tempo vedevano di dove erano gli altri fan, e potevano vedere i loro indirizzi e scrivergli e diventare corrispondenti, e la cosa cresceva. Poi infine qualcuno decise, "Beh, vediamoci ed incontriamoci davvero," ed ecco come è andata. Penso che il primo raduno sia stato a Philadelphia, e poi ce ne sia stato uno a New York. Eccom come è iniziato il fandom della fantascienza, che è il papà di tutti i fandom; negli anni '30 e nei primi anni '40.

Sei appena tornato da Worldcom, la convention mondiale di fantascienza.
Sì.

A cui partecipi da molti anni.
Sì, la prima a cui sono andato era nel 1971. Vado quasi ogni anno.

Per gli ascoltatori che magari non sono così famigliari con il mondo delle convention, particolarmente con una storica come il WorldCon, di che si tratta? In particolare, cosa ti offriva nel 1971 e negli anni '70 quando stavi emergendo come scrittore?
Il World Con risale al 1939, quello fu il primo. È uscito fuori dal fandom della fantascienza quando i fan iniziarono a leggersi tra loro e decisero di incontrarsi in carne e ossa, e poi la convention uscì fuori anche da questo schema, quando qualcuno disse, "facciamo un raduno mondiale." Fecero la prima a New York nel '39 per farla coincidere con la Fiera Mondiale di New York del 1939. La gente venne da posti lontani come Philadelphia, credo, e Boston; in effetti, penso ci fossero uno o due che vennero dalla California. Funzionava bene già allora.

Come persona, ad un certo punta volevo diventare un vero scrittore di storie brevi, un'ambiezione deviata come la tua di diventare astronauta, non doveva finire così. Ma non c'erano convention per me, per esempio, per scrittori professionali di storie brevi. Credo che ci siano quelli che chiamano i programmi MFA, ma costano un mucchio di soldi.
Sì, sì. Sfortunatamente è un mondo completamente diverso, il genere letterario, diciamo.

Per uno scrittore di uno dei tanti generi che cadono sotto l'ombrello della fantascienza, cosa offre il WorldCon? Anche magari ad uno che scrive un genere letterario non inquadrabile?
È un'occasione per incontrare i lettori faccia a faccia, e io ho sempre pensato che questa sia una delle cose migliori della fantascienza, del fantasey e in generale del lato immaginifico della letteratore. Abbiamo questa fandom e possiamo incontrarae le gente che legge le nostre storie. Autografiamo i loro libri e loro vengono a trovarci e festeggiamo con loro giorno e notte e loro dicono, "Ehi, ci piace questa storia. Non ci piace quest'altra. Ecco quali sono i problemi. Mi piace la tua storia a parte che hai sagliato questa cosa sul pianeta," ci sono molti scienziati e cose del genere da quelle parti.
Abbiamo questo riscontro. Ho la sensazione molte volte che ci siano persone che lavorano nella letteratura, scrivono storie ed è come se le gettassero in un pozzo. Non incontrano mai chi legge davvero le loro storie.

Beh, molti di loro, non sono poi tanti.
C'è anche questo, vero.

Ma hai ragione, manca una conversazione del genere che abbiamo tradizionalmente visto nella fantascienza e nel fantasy. Francamente penso che ora si senta ancora di più, c'è veramente un accento che gli editori stanno mettendo sui loro scrittori che non necessariamente ricadono nella letteratura e forse non sono proprio di fantasy o fantascienza sul fatto di iniziare a parlare con i lettori.
Internet sta cambiando ogni cosa.

Sì, tramite internet. Non è stato parte delle linee editoriali fino ad ora, ma ora si pensa si dovrebbe fare, per trovare terreno fertile, un'audience.
Sì, penso che non si possa più essere J. D. Salinger. Almeno gli editori non vogliono che tu sia J. D. Salinger. Scrivere le tue storie e vivere in uno splendido isolamento. Vogliono che tu abbia un sito e Facebook e Twitter e tutte queste cose del genere.

Qui "The Sound of Young America", io sono John Hodgman, che sostituisce Jesse Thorn. Il nostro ospite è George R. R. Martin. È l'autore della serie fantasy nota come A SONG OF ICE AND FIRE, conosciuta anche come GAME OF THRONES dalla serie HBO che ne è stata tratta. Ecco una clip dallo show, in cui alcuni mentri della confraternita guerriera conosciuta come Guardiani della Notte discute delle misteriose minacce che si celano a nord dell'enorme Barriera che sono votati a difendere.
Una delle cose che mi ha colpito quando ho visto i uoi libri era che questo è un mondo fantasy che ben pochi immaginerebbero. NOn ci sono molti aspetti fantasy, nel senso che sembra un mondo alternativo.
Universo secondario, come lo chiamava Tolkien.

Lo chiameremo universo secondario, è un termine che mi era già venuto in mente. Non l'ho rubato da Tolkien.
È ambientato in un univero secondario, e ci sono alcuni aspetti di sword'n'sorcery, sebbene si tratti più di spada che di magia almeno nel primo libro; ma è anche ben radicato, ben piantato, e non espressamente mirato a rendere la dura realtà della vita mediaevale, con un sistema feudale a caste aspro e rigido, in cui le sole medicine a disposizione sono specie di poltiglie e la gente è vista come anziata all'età di 35 anni perché si muore di frequente.
Non è un posto o un tempo in cui la maggior parte della gente vorrebbe vivere. Perché è così importante per te scrivere in questa ambientazione?
Come detto, ho letto un mucchio di cose, non solo fantascienza o fantasy. Una delle cose che ho letto di più la storia ed i romanzi storici. Sono un grande fan dei romanzi storici. E leggo anche fantasy. Leggendola, un problema che ho con molti fantasy è venuto fuori, nel senso che il medio evo o una sua approssimazione erano l'ambientazione preferita di una vasta maggioranza di romanzi fantasy degli imitatori di Tolkien e di altri autori, ma lo descrivevano in modo completamente sbagliato. Era una sorta di medioevo a Disneyland, con castelli e principessa e cose del genere. Un sistema a classi, ma non sembravano capire cosa comportasse.

O forse lo vedavano come unaa sentenza di vita, per le persone che ci erano intrappolate, sia nobili che poveri.
È una sorta di medioevo edulcorato. Anche se ci sono castelli e principesse e città circondate da mura, la sensibilità è quella degli Americani del XX secolo. Questo non avviene nei romanzi storici di qualità. Ci sono persone che scrivono romanzi storici e riescono a farlo. Nella mia specie di interlacciamento tra i genere, quello che ho cercato di fare era scrivere un fantasy epico che desse l'immaginazione ed il senso di meraviglia che si colgono nei migliori fantasy, ma il gretto realismo dei migliori romanzi storici. Se riesco a combinare questi due aspetti, potrei avere tra le mani qualcosa di unico e che vale la pena di leggere.

Una cosa dei libri che penso sia dovuta tutta all'immaginazione è la religione di questo mondo. Non sono le religioni del mondo primario in cui viviamo; il mondo dei tuoi romanzi ha alcune religioni principali, alcune sette minori, il continente in cui la maggior prte dei personaggi vive per la maggior parte del tempo ha due filosofie religiose ben sviluppate con un nuovo inserimento che arriva nel continente e guadagna consenso. Sono curioso su questo... in che modo si crea una religione?
Le religioni sono, in un certo senso, religioni immaginarie. Mi sono basato sulle religioni del mondo reale solo distorcendole o espandendole un po'. La fede nei Sette dei è naturalmente basata sulla chiesa cattolica medievale e l'aspetto centralde della dottrina, la presenza di un dio che ha sette aspetti, è parzialmente basata sul credo cattolico in cui c'è un dio che ha tre aspetti: Padre, Figlio e Spirito Santo. Con i Sette, invece, abbiamo il Padre, la Madre, la Fanciulla, la Vecchia, il Fabbro, il Guerriero, e lo Straniero, che raffigura la morte.
Questo è il processo generale nel fare fantasy, devi ancorarti allaa realtà; Poi ci giochi un po'; poi aggiungi elementi immaginari, e poi fai il tutto pià grande. Come la Barriera nei miei libri, naturalmente, è ispirata al Vallo di Adriano, che hho visitato nel mio primo viaggio nel Regno Unito nei primi anni '80. Eravamo saliti in cima al Vallo di Adriano e guardavo a nord e immaginavo come potesse sentirsi un soldato romano di stanza lì nel primo secolo. Alla fine del mondo conosciuto a guardare quelle colline distanti e chiedersi cosa vi vivesse e cosa potesse uscirne fuori. Guardare fuori dai confini del mondo. Proteggere il mondo civilizzato da qualsiasi cosa potesse emergere da quegli alberi. Naturalmente, ciò che tendeva ad emergere erano gli Scoti, e non potevo usarli. Così ho reso la mia Barriera considerevolmente più grande e l'ho fatta di ghiaccio, che è un processo di fantasyzzazione.

Perché il Vallo di Adriano originale era fatto, credo, di lucite.
È da oltre la Barriera che il magico ed il soprannaturale arrivano per invadere il mondo realistici che hai costruito a sud. Una delle cose che mi piacciono del libro è che sei nel mezzo di un fantasy etichettato come fantasy, e forse questo è uno dei modi in cui etichettare un libro come fantasy gioca in maniera positiva con le aspettative del lettore, perché tu ci giri un po' attorno.
Tutti i persoanggi principali, per la maggior parte, credono che le cose che sono normalmente parte di un mondo fantasy (magia, creature soprannaturali, eccetera) siano leggendarie. Il genere di cose che si possono attribuire alle fiabe e alle fantasie giovanili, eppure iniziano, via via che i libri scorssono, a diventare sempre di più parte della vita dei personaggi.
Una delle aree che credo sia più interessante ma anche fonte di problemi, leggendo, riguarda la morte. Abbiamo parlato di come Wonder Man sia tornato indietro. Senza spoilerare molto, posso dire che ci sono personaggi nei libri che uno non si aspetta che muoiano, e invece lo fanno. I tuoi personaggi sono estremamente fragili. È una di quelle cose che mi esalta maggiormente come lettore, realizzare che questi personaggi che si seguono così da vicino possono finire menomati, e queste cicatrici possono rimanere. Possono essere psicologicamente menomati e trasformati da queste cicatrici, e questo colpisce, nei libri. E possono morire. Comunque, via via che la magia torna nel mondo, come rivela la storia, nemmeno la morte sembra esere realmente permanente. Cosa ne pensi?
Penso che se si porta indietro dalla morte un personaggio, allora quel personaggio è passato attraverso la morte, e quella è un'esperienza che trasforma. Per tornare ai giorni di Wonder Man, mi piaceva il fatto che fosse morte, e sebbene mi piacesse il persoanggio anche dopo, non ero così entusiasta quando era tornato indietro, perché in qualche modo disfaceva il potere dell'evento. Per quanto ami Tolkien, ho sempre pensato che Gandalf sarebbe dovuto restare morto. C'è quell'incredibile sequenza in THE FELLOWSHIP OF THE RING quando affronta il Balrog a Khazad-dûm e cade nell'abisso, con le sue ultime parole, "Fuggite, sciocchi."
Che potere aveva, come mi aveva preso. E poi è tornato indietro come Gandalf il Bianco, un miglioramento di sé stesso. Non ho mai amato Gandalf il Bianco quanto Gandalf il Grigio, e non mi è mai piaciuto il suo ritorno. Penso che sarebbe stata una storia ancora più forte se Tolkien lo avesse lasciato morto.
I miei personaggi che tornano dalla morte sono peggiori, per dire. In qualche modo non sono più gli stessi. Il corpo si può muovere, ma alcuni aspetti dello spirito sono cambiati e trasformati, e hanno perso qualcosa. Uno dei personaggi che torna più volte indietro dalla morte è Beric Dondarrion, il lord della folgore. Ogni volta che rivive perde qualcosa di più di sé. Era stato inviato in missione prima della sua prima morte. Era stato inviato per fare qualcosa, ed è tutto quello che fa. Dimentica le altre cose, chi è, o dove vive. Dimentica la donna che avrebbe dovuto sposare. Pezzi di umanità sono perduti ogni volta che torna dalla morte; ricorda solo la missione. La sua carne si stacca dal corpo, ma questa cosa, quessto scopo che ha è parte di quello che lo anima e lo porta indietro ogni volta Penso che si possano avere echi di questa cosa in altri personaggi tornati dalla morte.

C'è, sono certo che lo conosci, un detto su internet, che ogni volta che rompi le scatole a George R. R. martin, lui uccide uno Stark.
Sì, qualcuno l'ha usata come avatar sul blog.

Ho letto i libri per la prima volta l'anno scorso, li ho scoperti tardi. Ne sono rimasto entusiasta, hanno preso la mia vita per un anno, via via che li leggevo. Mi ricordo il primo momento su Twitter in cui ho menzionato il fatto che li stavo leggendo, il primo in assoluto, improvvisamente mi arrivarono più risposte su Twitter di quante ne avessi avute nella mia intera vita lavorativa. Secondariamente, molti erano stranamente arrabbiati. È stato solo dopo che ho iniziato a capire che si trattava di questa strana comunità di persone che aspettava con impazienza il prossimo libro, che è uscito quest'anno dopo un certo ritardo.
La fandom, specialmente quella di fantasy o fantascienza, ha questo senso di proprietà verso i suoi autori, e si sente quasi in collaborazione con loro. In che modo questo processo è un vantaggio e dove invece è un ostacolo?
Da un certo punto di vista è fantastico; è esilarante sapere di avere così tanti lettori e che ci sono così tante persone ansiose per il prossimo libro, e così tante persone dicono cose positive sui libri. Ma ci sono anche problemi. Tornando agli anni '90, il finire del decennio credo sia stato quando è stato aperto il primo sito dedicato allaa serie. Era un sito chiamato Dragonstone, avviato da un tizio in Australia. Quando l'ho scoperto, è risultato essere un fan-site. Tutti questi fan discutevano i miei libri e li analizzavano. Molto emozionante. Oh, ci mettevano veramente attenzione. Lavori duro su questi libri e ci metti dentro piccole cose, premonizioni o simbolismi o cose che hanno doppi significati. Uno prova a nascondere queste cose e la gente li analizza e li scopre, e questo è grandioso.
Ma non molto tempo dopo che il sito era avviato e io lo seguivo e mi divertivo ho iniziato a pensare, "probabilmente non dovrei leggere queste cose". Da un lato, mettono in campo così tante teorie, che qualcuna deve essere giusta. Cosa devo fare se metto in piedi un mistero ce risolverò nel sesto libro e lo hanno già indovinato al libro due e ne stanno discutendo... lo devo cambiare? Devo, per dire, pensare, "oh dio, hanno già indovinato, sono quattro libri avanti a me, devo cambiare quello che ho pianificato." Penso sia un errore ragionare in questo modo, perché è quello che hai pianificato. Tutti gli indizi e le premonizioni e la sovrastruttura che costruisci è per una certa rivelazione, non la puoi cambiare solo perché qualcuno ha indovinato. Così ho iniziato a distanziarmi dai siti.
È successo molto dal 1999. Ci sono state alcune esplosioni, i libri sono diventati via via più popolari. Dragonstone è morto da tempo, ma molti altri siti hanno preso il suo posto come Westeros e Tower of the Hand o Winter is Coming, siti giganteschi in cui molte migliaia di persone portano avanti queste discussioni. Quando è iniziata la serie TV, questo si è incrementato di ordini di grandezza. È emozionante quello che sta capitando, e sono felice che i fan si divertano. Ma io non posso farne parte. Sono troppo coinvolto.
E questo è il lato oscuro della cosa, che sei legato al senso di proprietà che alcuni fan arrivano ad avere...

Non volevo farne un punto così oscuro. Penso che ci sia, allo stesso modo in cui si può scrivere una lettera ad "Avengers" e sentire di poter parlare direttamente con i creatori, un senso di appartenenza e comunità all'interno del genere. Questo è solo elevato a potenza da internet ed il senso di trasparena nella comunicazione tra autore e lettore che internet comporta.
Penso che questo sia un caso in cui la gente si sente partecipe del processo. E questo comporta anche dire "stai sbagliando". Questo è uno dei maggiori temi di internet, dire agli altri che stanno sbagliando. In un certo strano modo porta le persone a sentirsi vicine al creatore di ciò che le diverte e di cui leggono, e si sentono parte del processo quanto l'autore stesso.
Può essere questo il caso. La maggior parte dei miei fan è meravigliosa, dire che il 99% dei miei fan è fantastica. C'è un gruppo di fan che partecipa alle convention, la Brotherhood without Banners, che è anche gente che frequenta regolarmente siti come Winter is Coming e Westeros.
Ma c'è anche quell'1%, troll o detrattori, come penso si chiamerebbero in quell'articolo del NYT che alcuni mesi fa Laura Miller mi ha dedicato, che per qualche ragione si sentono traditi perché ci ho messo troppo a scrivere l'ultimo libro, oppure non vedevano l'ora di avere in mano il quarto libro e non era quello che aspettavano. Alcuni di questi davvero sono passati al lato oscuro, come qualcuno potrebbe dire. Anche questa è parte dell'esperienza, credo, che si fa quando si arriva ad un certo livello di popolarità.

E c'è sempre quella percentuale di lettori o spettatori che la sente in quel modo; che si pone in modo conflittuale, ma in un certo senso è sempre passione di un certo livello, perché dedicano buona parte delle loro vite e delle loro emozioni al tuo lavoro.
Questo è vero, questo è vero. Anche se a dire il vero è un tipo di pasione di cui farei facilmente a meno.

Ma c'è anche un reciproco supporto e divertimento nel fatto che la fandom di fantascienza e fantasy sia così vicina in termini di componenti e vicina agli autori; un senso di conoscenza dei propri lettori e ed il proprio bacino di utenza e sentire il loro supporto. In tutto qusto, c'è quello che ritengo sia un vicolo cieco, ovvero che gli autori possono essere fan, ma non tutti i fan hanno una vena creativa. Una cosa che John Updike non ha mai fatto è stato sedersi e dire, "sai, penso che ci saranno quattro romanzi su Rabbit, ed ecco come saranno e quando usciranno, faccio queste promesse a voi lettori," per ché John Updike, per quel che ne so, se ne fregava.
L'idea di un autore che si siede e scrive il miglior libro che possa fare è scontata in quasi ogni altro campo della letteratura, ma nella fantascienza e nel fantasy c'è un senso come quando si è osservati. Penso che derivi da una cosa bella, dal senso di appartenenza e comunità. Ma insomma, ragazzi, dovete trattare bene i vostri autori di fantasy e fantascienza. Fatevi gli affari vostri e non preoccupatevi di quello che dicono.
I tempi cambiano, le pubblicazioni cambiano. Sono sicuro che se F. Scott. Fitzgerald oggi fosse vivo il suo editore gli direbbe, "ehi, che ne dici di un sequel di GATSBY. GATSBY è andato bene, possiamo fare un GARSBY II, SON OF GATSBY?" Sfortunatamente, o fortunatamente, non so se sia una cosa buona o cattiva, ma è la realtà dell'editoria moderna, che è cambiata radicalmetne dai tempi di Fitzgerald e Hemingway e Maxwell Perkins e via dicendo. E questo cambia il lavoro. So che non dovrebbe, probabilmente non ve l'hanno detto nei corsi di letteratura. C'è il lavoro e c'è lo scrittore. Ma ci sono anche le realtà commerciali, le realtà della vita degli scittori. È una cosa come il caso di Tolkien, THE LORD OF THE RINGS è stato diviso in tre libri unicamente per considerazioni commerciali dell'editore dell'epica, non per considerazioni letterare. Eppure la cosa ha avuto un'influenza enorme su tutta la fantasy che ne è seguita per un cinquantennio.

Beh, spero sia chiaro che sono completamente d'accordo con te. Ma, ragazzi, William Faulkner, quanc'è che finirà il suo prossimo libro?
Giusto.

Lo aspetto da sempre, che gli è preso a quel tizio?
Sì, e Harper Lee, quando farà TO KILL A MOCKINGBIRD 2?

Pigro.
Hai incontrato Stan Lee?
Ho incontrato Stan Lee, sì.

Si ricordava della tua lettera?
Sfortunatamente no. Non si ricordava nemmeno di me dall'ultimo incontro. Ho incontrato Stan Lee più o meno sei volte ed ogni volta è come incontrarsi per la prima volta... per lui, almeno.

Il cuore spezzato di un fan. George R. R. Martin, grazie per il tempo che ci hai dedicato. È un grande onore per me, e grazie per aver partecipato a The Sound of Young America.
Piacere mio, è stato bello partecipare.

Grazie.
Figurati.

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